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NOASnews: 9 maggio, transito di Mercurio (1° parte)

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Il transito dei pianeti interni davanti al Sole sono fenomeni abbastanza rari. In passato hanno svolto un ruolo fondamentale nella misura delle distanze planetarie, in quanto forniva l'opportunità di conoscere con buona precisione il valore dell'Unità Astronomica (U.A.), cioè della distanza tra la Terra e il Sole. Una volta che si conosca una sola delle distanze dei pianeti dal Sole è possibile risalire alle distanze degli altri pianeti mediante la terza legge di Keplero. Spetta ad Edmund Halley (1656-1742) il merito di aver sviluppato nel 1716 un metodo trigonometrico secondo il quale era necessario annotare i tempi di transito presi da due punti diversi della superficie terrestre con coordinate geografiche note.
Quattro contatti sono individuati nel transito di un pianeta interno sul Sole: gli istanti in cui il lembo del pianeta è tangente al disco solare. Precisamente il secondo e il terzo sono quelli più interessanti, perchè negli altri due il pianeta è esterno al disco, pertanto difficilmente visibile. Se una volta era un compito arduo seguire un transito, oggi la tecnologia ci viene in aiuto. Personalmente ho potuto seguire e fotografare gli ultimi due transiti di Venere: quello dell'8 giugno 2004 e il successivo del 6 giugno 2012. In passato si tentava di osservare il passaggio ad occhio nudo, con ovvia protezione degli occhi: una convinzione basata su false premesse. Fino alla metà del Seicento le dimensioni apparenti dei pianeti erano sovrastimate. Mercurio era stimato di 3', anzichè i 10'' che ha in congiunzione inferiore, mentre Venere misurava addirittura 12' per Tycho Brahe e 7' per Keplero; in realtà il suo valore è di 1'. Sono quindi dimensioni al di sotto del potere risolutivo dell'occhio umano. Comunque antiche testimonianze di transiti vennero sempre giudicate erronee. La testimonianza del benedettino Adelelmo, vissuto durante il regno di Carlo Magno, venne rigettata da Galileo nella sua Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari. Anche Keplero fece un'erronea valutazione per il transito di Mercurio da lui calcolato per il 28 maggio del 1607. In realtà vide una macchia solare e solo dieci anni dopo ammise l'errore. Nonostantre queste premesse, si deve comunque a Keplero la prima corretta previsione di un transito.
Nel 1629 pubblicò l' Admonitio ad astronomos dove annunciava ben due passaggi sul Sole: il primo di Mercurio il 7 novembre, il secondo di Venere il 6 dicembre 1631. Ed esortava gli astronomi a compiere le osservazioni.
Come potè conseguire questo notevole risultato, unico nel suo tempo?
Fino ad allora si erano utilizzate le Tavole pruteniche, efemeridi pubblicate nel 1551 dall'astronomo Erasmus Reinhold. Benchè fondate sull'ipotesi copernicana, erano affette da errori inaccettabili, perchè le orbite dei pianeti erano considerate ancora circolari. Queste attribuivano ai pianeti, in certi punti delle loro orbite, posizioni lontane anche di molti gradi dai veri luoghi celesti da essi realmente occupati. Due anni prima, nel 1627, Keplero pubblicò le sue tavole, le rudolfine dedicate al suo mecenate l'imperatore Rodolfo II. Con esse introduceva due novità fondamentali. La prima era l'introduzione delle orbite ellittiche insieme al computo delle longitudini planetarie per mezzo della famosa equazione che porta il suo nome. La seconda straordinaria innovazione fu l'introduzione dei logaritmi neperiani, che semplificava enormemente i lunghi e complessi calcoli astronomici. Non vennero subito ben accolte, perchè apertamente copernicane e perchè facevano uso di tecniche di calcolo sconosciute ai più. Si affermarono solo alla fine del secolo, grazie a Thomas Street e ad Edmond Halley che, inoltre, aggiornò gli elementi di tutti i pianeti. (continua)

Altezza del Sole ai contatti
dataIImaxIII
09 maggio 20166435-4
11 novembre 2019243-25
13 novembre 203262328
07 novembre 2039132429
07 maggio 204963405
i valori negativi indicano il Sole sotto l'orizzonte
Ottimizzato per smartphone, R. Matera 2015
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